Ditta individuale edile e crisi, come risolvere?

Oggi parliamo del caso di Gino.
Gino è titolare di omonima ditta individuale ritualmente iscritta nella sezione artigiani della Camera di Commercio di Viterbo che svolge attività artigianale edile.

Detta attività ha subito una grave contrazione a causa della crisi economica che, dal 2010, ha colpito il nostro paese, comportando una drastica riduzione degli investimenti nel settore edile e conseguente ricaduta sulle attività collegate, anche per la difficoltà di offrire un servizio maggiormente competitivo rispetto ad imprese più grandi, che, pur dando un servizio spesso qualitativamente inferiore, riescono a offrire prezzi competitivi.

Detta situazione ha comportato uno squilibrio tra le disponibilità reddituali, liquide, di Gino, rispetto alle obbligazioni e oneri assunti.

Infatti la posizione debitoria di Gino si era accresciuta nel tempo e diventata complessivamente pari ad euro 195.000,00, a fronte di un reddito medio annuo netto di 20.000,00.

Gino, per sostenere la Sua famiglia, composta dalla moglie e dai suoi due figli piccoli, spendeva quasi tutto il suo reddito, rimanendogli delle somme insufficienti a poter formulare una proposta di accordo con i debitori, considerando che il debito maggiore riguardava un mutuo con ipoteca iscritta su un immobile di sua proprietà, oggetto di procedura esecutiva immobiliare pendente, dove il valore era tato stimato in euro 56.000,00.

 

imprenditore in crisi

La situazione disperata di Gino, valutata con attenzione, apriva uno spiraglio.

Gino, infatti, era proprietario sia dell’immobile ipotecato e già oggetto di esecuzione immobiliare pendente (valore stimato, come abbiamo detto, di euro 56.000,00), che di due terreni confinanti, nonché risultava proprietario, in quota parte con i parenti, di un altro immobile.

Sicuramente non poteva scegliersi di formulare una proposta di liquidazione dei beni, perché Gino avrebbe dovuto mettere a disposizione dei creditori anche la quota parte dell’immobile che aveva in comproprietà con i suoi parenti, oltretutto immobile dove viveva l’anziana madre. Ed allora, se non ci sono i soldi per una proposta di stralcio dei debiti ai creditori e non si può formulare una proposta di liquidazione, quale strada restava da percorrere?

La soluzione è stata offerta dall’art. 7 della legge 3/2012, la quale prevede che: “il piano può anche prevedere l’affidamento del patrimonio del debitore ad un gestore per la liquidazione, la custodia e la distribuzione del ricavato ai creditori, da individuarsi in un professionista in possesso dei requisiti di cui all’articolo 28 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267. Il gestore è nominato dal giudice.”.

La legge, pertanto, consente al debitore di mettere a disposizione dei debitori, non per forza tutti i suoi beni, come nel caso di liquidazione, ma anche solo alcuni di essi, in grado di consentire il pagamento del creditore privilegiato, nei limiti del valore del bene su cui grava il privilegio (in questo caso l’ipoteca della banca in forza del mutuo che gravava sull’immobile in proprietà esclusiva di Gino), e, con la somma residuale, il pagamento parziale degli altri debiti.

Pertanto, si è proceduto ad effettuare una stima dei beni immobili.

 

tutela del debitore

La casa di proprietà esclusiva di Gino, come abbiamo detto, era già stata valutata in sede di esecuzione in euro 56.000,00.

Per i terreni si è ottenuta una valutazione di euro 34.970,00.

Pertanto, si sono messi, a disposizione dei creditori, immobili per il valore complessivo di euro 90.970.00.

La vendita di questi beni era finalizzata a garantire che il creditore privilegiato (banca con mutuo ipotecario) ottenesse la somma pari al valore di mercato del bene (56.000,00), mentre gli altri creditori chirografari avrebbero potuto parzialmente soddisfarsi sulla somma residuale (34.970,00), il tutto con una parte di debito che non sarebbe più potuto essere soddisfatta di euro 104.030,00.

La proposta di accordo così formulata è stata ritenuta pienamente ammissibile dal Giudice, con conseguenziale fissazione dell’udienza per il voto dei creditori.

Il voto non potrà che avere esito positivo.

Questo perché la banca creditrice ipotecaria otterrà dalla liquidazione, una somma non inferiore al valore di mercato del bene, nel rispetto di quanto stabilito dall’art. 7 della legge 3/2012 il quale prevede che “E’ possibile prevedere che i crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca possono non essere soddisfatti integralmente, allorché ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali insiste la causa di prelazione”, mentre i creditori chirografari otterranno una soddisfazione parziale che, diversamente, non avrebbero potuto ottenere in sede di esecuzione visto il credito prevalente della Banca.

Anche questo caso evidenzia che, pur quando la situazione sembra senza uscita, un attento esame della norma può consentire di trovare una soluzione.

barretta

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